E’ una domanda frequente: “Cosa posso fare affinché il laser del mio citometro duri a lungo?”
E la risposta non è facile. Anche perché dire laser non dice molto. Un laser è un dispositivo che emette un fascio di luce coerente, ma in effetti le tecnologie per generare un raggio laser sono tante e anche molto diverse. Qui si tenterà di rispondere al quesito solo per un tipo molto comune e diffuso, i laser a gas di ioni di argon raffreddati ad aria. Quelli installati, per intendertci, sul Facscalibur e su molte altri citometri.
Ma bisogna cominciare rivoltando la frittata: “Come posso romperlo il prima possibile?” Le risposte sono molto più facili.
- Urti, cadute, vibrazioni, martellate. La caduta di una testa laser è sicuramente risolutiva, bastano 60 cm. Ma anche piccole continue vibrazioni, soprattutto mentre il tubo è in funzione, bello caldo, possono favorire l’ingresso di aria, a livello molecolare, che innescano i processi che invecchiano il tubo stesso.
- Sovra-temperature. I laser, praticamente tutti, producono molto più calore della luce che emettono in termini energetici. Se questo calore non viene smaltito, cioè nel nostro caso, diffuso come aria calda nell’ambiente circostante, la temperatura del tubo laser aumenta. Senza raffreddamento si danneggia in modo irreversibile in pochi minuti, la protezione termica interviene quasi sempre troppo tardi. Un sistema di raffreddamento poco efficiente, non lo distrugge subito, ci mette più tempo.
- Continue accensioni e spegnimenti. Una volta che il gas è ionizzato il tubo ignisce solo se viene sollecitato: i progettisti utilizzano diversi metodi. Nel nostro caso è una scarica di alta tensione, ad innescare il processo laser. Ma non è salutare.
Nel prossimo post si rigirerà di nuovo la frittata. Vedremo come fare per garantire (forse) una lunga vita ai laser dei nostri citometri.